Fitoterapia: riconoscere le erbe spontanee e saperle usare

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Benvenute/i nel blog del Pineta! Oggi la nostra esperta Paola Sicher ci porta nel mondo della fitoterapia attraverso questo spettacolare approfondimento. Buona lettura!

1. INTRODUZIONE ALLA FITOTERAPIA: STORIA ED EVOLUZIONE

Il termine “Fitoterapia” deriva dal greco phyton (pianta) e therapeia (cura) e rappresenta in assoluto la più antica espressione dell’arte medica e farmaceutica.

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Essa nasce con l’uomo primitivo in modo intuitivo ed empirico. Nell’arco dei millenni, l’utilizzo delle piante officinali si sviluppa con forme e presupposti teorici peculiari all’interno di civiltà molto diverse e culturalmente distanti tra loro: le medicine tradizionali di Cina, India, Arabia, Egitto, ma anche Africa e Sud America, hanno sempre attribuito alle piante un ruolo fondamentale e spesso questa tecnica era strettamente legata a una conoscenza esoterica e occulta. Pure in Occidente Greci e Romani diedero grande impulso agli studi relativi alle piante officinali, ma anche in queste culture la pratica medica era associata a magia e mistero e si riteneva che gli uomini avessero appreso l’arte della guarigione dagli dei.

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Solamente a partire dal 500 a.C. circa, la medicina iniziò a separarsi dal mondo magico e spirituale grazie a Ippocrate, medico greco, indicato come “Padre della medicina”, che concepì per la prima volta un metodo scientifico di diagnosi e prognosi, secondo cui il compito del medico era quello di facilitare l’opera guaritrice della natura alleviando le sofferenze umane. Dopo di lui si susseguirono numerosi medici e botanici che cercarono di stabilire un metodo scientifico di classificazione delle piante e delle loro attività terapeutiche. Fra questi ricordiamo: Dioscoride (I secolo d.C.), il quale scrisse il più completo trattato dell’epoca classica sulle medicine erboristiche (De materia medica), tanto da essere indicato come il fondatore della farmacognosia, e Galeno (II secolo d.C.), considerato il padre della farmacia per aver esposto concetti fondamentali come la preparazione di formulazioni fitofarmaceutiche, ad oggi indicate con il termine “galeniche”. Nel Rinascimento un ruolo di primo piano spetta a Paracelso, medico svizzero che per primo elabora l’idea di ricercare nei semplici la loro quintessenza (energie in grado di agire sui malanni), cioè i principi attivi responsabili dell’attività salutistica della pianta.

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Con il passare dei secoli l’interesse per la botanica e l’utilizzo della piante medicinali è andato via via smorzandosi a causa dello sviluppo della chimica applicata alla farmacologia, che porta alla messa a punto di farmaci di sintesi, costituiti da un unico principio attivo purificato, molto più attivi e dall’effetto più immediato rispetto al rimedio naturale.

In questi ultimi anni, però, la fitoterapia è stata riscoperta dall’opinione pubblica, desiderosa più che mai di metodi di cura dolci e di una visione di salute più ampia. Questo fenomeno ha scatenato forti interessi economici e industriali, ma anche il deciso avvio della ricerca scientifica: un numero di piante ogni giorno più grande viene studiato nei laboratori di tutto il mondo, con l’obiettivo di indagare a fondo le reali proprietà curative del regno vegetale.

L’uso delle erbe medicinali e dei prodotti a base di vegetali sta crescendo rapidamente nei Paesi occidentali e pertanto si sta diffondendo una sempre maggior attenzione verso i problemi relativi a qualità, sicurezza, insorgenza di reazioni avverse, interazioni con terapie farmacologiche concomitanti e possibili effetti tossici delle piante officinali.

Tali conoscenze assumono un ruolo fondamentale per un corretto utilizzo delle stesse, poiché, anche quando sono impiegate con le modalità più opportune, le droghe vegetali possono determinare una serie di reazioni indesiderate, talvolta anche piuttosto serie.

Tra i consumatori vi è la percezione diffusa che i prodotti erboristici, per la loro origine naturale, siano sicuri e innocui e troppo spesso, per tale motivo, sono utilizzati con poca attenzione e come automedicazione. Tale comportamento è assolutamente sbagliato poiché l’origine naturale di un prodotto non sempre è garanzia di sicurezza.

Per le droghe vegetali e i loro derivati è indispensabile una precisa identificazione botanica, l’assenza di contaminanti microbiologici e fisico-chimici, come pesticidi o metalli pesanti, la non presenza di sostituzioni, adulterazioni e contaminazioni, volontarie o accidentali, oltre ad adeguate norme di coltivazione, raccolta, lavorazione, conservazione.

Di rilevante importanza per la commercializzazione di un prodotto salutistico è la garanzia della sicurezza d’impiego delle droghe vegetali: se l’uso tradizionale delle piante medicinali ha consentito che venissero riconosciute le specie che presentavano segni evidenti di tossicità acuta, ossia di immediata manifestazione, e fosse evitato il loro utilizzo, non è comunque necessariamente vero che tale impiego secolare ne garantisca la totale sicurezza.

I fattori determinanti la tossicità dei fitoterapici possono essere diversi. Alcuni riguardano unicamente la nocività della pianta, dei suoi costituenti chimici e della dose assunta (fattori intrinseci), altri riguardano le sostanze estranee che possono contaminare il prodotto finito (fattori estrinseci), mentre altri sono relativi ad aspetti fisiologici del paziente, come ipersensibilità soggettiva ed  età, e alle possibili interazioni farmacologiche per la concomitante somministrazione di prodotti a base di piante officinali e farmaci convenzionali.

2. L’IMPIEGO RAZIONALE DELLE DROGHE VEGETALI

Le droghe vegetali sono essenzialmente piante intere, frammentate o tagliate, parti di piante, alghe, funghi, licheni in uno stato non trattato, generalmente in forma essiccata, ma talvolta fresche, che contengono principi attivi e possono essere utilizzate a fini terapeutici.

La droga, ossia quella porzione di pianta contenente la maggior quantità di principi attivi d’interesse, viene ottenuta da piante spontanee o coltivate ed è raccolta in un preciso periodo, definito “tempo balsamico”, in cui il rendimento in sostanze farmacologicamente attive è qualitativamente e quantitativamente massimo.

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Ogni pianta medicinale ha una propria composizione chimica, rappresentata da costituenti cellulari primari, come proteine, lipidi e carboidrati, da metaboliti intermedi, fra cui molti acidi organici, e dai metaboliti secondari, come antocianine, alcaloidi, flavonoidi, tannini, oli essenziali, etc. Da ciò si capisce che essa comprende un numero più o meno grande di sostanze chimiche, la maggior parte delle quali farmacologicamente attive (principi attivi), mentre alcune sono considerate inerti, ad esempio cellulosa e lignine, ma prese tutte assieme formano quello che si definisce fitocomplesso.

Il fitocomplesso nella sua globalità è il responsabile delle proprietà salutari di una pianta medicinale, che possono essere più o meno accentuate rispetto a quelle di uno o più dei suoi componenti presi singolarmente grazie al fenomeno del sinergismo. Proprio questo concetto ci spiega perché ogni pianta possieda un’azione terapeutica considerata predominante e delle altre azioni dette secondarie, talvolta anche assai diverse da quella principale, ma che comunque garantiscono un’azione polivalente della droga, cioè permettono un approccio al trattamento agendo su meccanismi differenti (es. Salvia officinalis). Il fitocomplesso inoltre è il principale responsabile della tollerabilità di questi rimedi, che in genere è ottima.

Questo concetto è assai diverso da quello che regola il settore dei farmaci tradizionali, nel quale si mette l’accento sul principio attivo singolo e sulle sue potenzialità terapeutiche, cosicché il farmaco di sintesi deve in genere la sua azione a una sola molecola attiva, essendo gli altri suoi componenti degli eccipienti inerti.

3. I PRINCIPI ATTIVI DELLE PIANTE

I principi attivi vegetali possono essere classificati in base alla loro struttura chimica in alcuni gruppi principali.

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ALCALOIDI

Vasto ed eterogeneo gruppo di composti organici azotati con struttura chimica complessa, la cui funzione vegetale non è del tutto chiara, ma di certo possiedono importanti azioni biologiche, come ad esempio quella di eccitazione o sedazione del sistema nervoso (caffeina, nicotina, morfina…). A questo gruppo appartengono sostanze molto attive, la cui dose d’impiego è molto bassa e si possono rivelare tossiche, se non addirittura velenose per il nostro organismo (cocaina, atropina, aconitina, colchicina, tassolo…).

GLUCOSIDI

Sostanze organiche complesse derivanti dalla combinazione di una molecola di varia natura chimica, responsabile dell’attività farmacologica e di una sostanza zuccherina, che modula l’intensità dell’azione. Generalmente sono suddivisi in sottoclassi in base all’azione posseduta: glucosidi cardioattivi (digitalina); antrachinoni ad azione lassativa (aloina, frangula-emodina, sennidina); flavonoidi responsabili del colore principalmente giallo, ma non solo, di fiori, frutti e legni, ad attività antiossidante, contro la fragilità capillare, protettiva del fegato (rutina, antociani del mirtillo, silibina nel cardo e nel carciofo); saponine ad azione mucolitica, espettorante, antitussiva, ma anche emolitica ed irritante per il tratto gastrointestinale (acido glicirretico nella liquirizia, escina nell’ippocastano).

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COMPOSTI FENOLICI

Principale classe di metaboliti secondari molto eterogenea comprendente sostanze ad azione antiossidante, a cui si legano altre attività, come quella antinfiammatoria, antisettica e antimicrobica (arbutina nell’uva ursina, salicina, catechine del tè verde, apigenina nella camomilla, iperforina, cannabinoidi).

TANNINI

Sostanze polifenoliche che colorano di bruno-rossastro gli organi in cui sono contenute. Sono dotate di attività tannante, cioè in grado di trasformare le pelli in cuoio. Sono poco biodisponibili per cui la loro attività è prevalentemente locale e non sistemica. Hanno un grande capacità astringente e batteriostatica, per cui sono impiegati per disturbi come diarrea, emorroidi, ferite cutanee o alle mucose. Sono da evitare dosi elevate di tannini perché provocano effetti irritanti alla mucosa gastrointestinale ed essendo difficilmente assimilabili affaticano il fegato, per cui è consigliabile un utilizzo moderato, occasionale e per lo più con applicazione esterna e locale (uva rossa, corteccia di amamelide, quercia…).

OLI ESSENZIALI E RESINE

Miscele complesse di sostanze organiche lipofile e molto volatili. Nelle piante si trovano per lo più nei tessuti superficiali di foglie, cortecce, fiori e frutti e la loro funzione principale è quella di difendere la pianta dai parassiti. Tale azione si esplica anche nel nostro organismo, dove a bassissime dosi svolgono principalmente attività antibatterica e spasmolitica su differenti livelli (lavanda, menta, pino, eucalipto, timo, tea tree, agrumi…).

SOSTANZE AMARE

Gruppo di sostanze dal gusto amaro in grado di stimolare le papille gustative sulla lingua e per via riflessa la secrezione di saliva e succhi gastrici per stimolare l’appetito, favorire la digestione e facilitare l’attività depurativa del fegato (genziana, assenzio, carciofo, tarassaco, cicoria …).

MUCILLAGINI

Grandi molecole costituite da un insieme di unità zuccherine che hanno la proprietà di incorporare acqua e rigonfiarsi dando luogo a soluzioni colloidali che vantano proprietà idratanti, emollienti, lenitive, emulsionanti, lassative per osmosi, antitussive e dimagranti perché danno una sensazione di sazietà (altea, malva, psillio, lino, pectine della frutta, glucomannani estratti dal fagiolo).

FITOSTEROLI

Composti ad azione ormonale, sia nelle piante, sia negli animali che ne assumono in quantità. Sono impiegati, infatti, per la sintesi di ormoni steroidei, come cortisone, androgeni ed estrogeni, ma se assunti non purificati sembrano vantare anche proprietà adattogene (ginsenosidi in ginseng ed eleuterococco, fitosteroli presenti nella soia, nel trifoglio rosso, nella salvia).

4. ALCUNE PREPARAZIONI ERBORISTICHE E COSMETICHE E LA LORO CONSERVAZIONE

“La salute è il nostro patrimonio, un nostro diritto. E’ la completa e armonica unione di anima, mente e corpo; non è un ideale così difficile da raggiungere, ma qualcosa di facile e naturale che molti di noi hanno trascurato”   (Edward Bach)

Nel corso dei secoli si sono sviluppati molti metodi per la preparazione di forme di somministrazione di droghe vegetali e si è giunti alla conclusione che anche i rimedi di origine vegetale devono essere impiegati in determinati modi per ottenere da essi i migliori risultati per il mantenimento o il ristabilimento di un buono stato di salute. Infatti, conoscendo la composizione della droga e le caratteristiche chimico-fisiche dei principi attivi contenuti, si può stabilire il metodo più appropriato per estrarli, e quindi somministrarli, per ottenere l’effetto auspicato.

Le piante medicinali possono essere somministrate in varie forme e con differenti tipi di formulazioni, che prevedono l’uso della droga allo stato secco o fresco, tal quale o sottoforma di estratto ricco in principi attivi ottenuto tramite il più appropriato metodo di estrazione, che può essere la macerazione, la percolazione, la distillazione, etc.

ESTRATTI  ACQUOSI

  • INFUSI

“Gli infusi sono preparazioni liquide ottenute, estemporaneamente, versando sulle droghe, ridotte ad un grado conveniente di suddivisione, dalle quali si vogliono estrarre i principi attivi, acqua alla temperatura di ebollizione e lasciando poi a contatto con l’acqua stessa per un tempo più o meno lungo. Dopo raffreddamento si filtra senza comprimere e si porta il filtrato alla massa prescritta con acqua con cui si lava il residuo ed il filtro. In qualche caso può essere necessaria l’aggiunta di piccole quantità di sostanze acide o alcaline al fine di facilitare l’estrazione di alcuni componenti attivi. Generalmente si impiegano da 1 a 10 parti di droga per la preparazione di 100 parti d’infuso.” (Farmacopea Ufficiale XI)

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Dal Brolio – Il Lago Fiorito è partner del Pineta
  • DECOTTI

“I decotti sono preparazioni liquide ottenute, estemporaneamente, facendo bollire in acqua le droghe opportunamente polverizzate, dalle quali si vogliono estrarre i principi attivi (assenza di principi attivi volatili). Generalmente si impiegano 5 parti di droga per la preparazione di 100 parti di decotto.” (FU XI)

La tecnica della decozione si impiega per droghe costituite da tessuti compatti, poco permeabili e che con difficoltà cedono i principi attivi che contengono, come cortecce, radici, semi.

  • TISANE

“Le tisane sono preparazioni acquose ottenute  estemporaneamente da una o più droghe vegetali e sono destinate ad essere somministrate per via orale, come tali a fini terapeutici o come veicoli di altri medicamenti. Vengono generalmente impiegati da 10 a 20 grammi di droga per la preparazione di un litro di tisana.” (Formulario Nazionale, 1991)

Rispetto a decotti e infusi, quindi, sono soluzioni estrattive più diluite cosicché possono essere assunte in volumi notevoli, anche abitualmente, senza che insorgano problemi.

In genere infusi, decotti e tisane vanno consumati al momento della preparazione o entro poche ore, poiché sono facilmente deperibili e ciò può compromettere la struttura del fitocomplesso e quindi le caratteristiche salutistiche del prodotto stesso. L’uso principale di infusi, decotti e tisane è l’assunzione diretta come bevanda, ma trovano impiego anche come ingredienti di preparazioni erboristiche o cosmetiche, in cui apportano le proprietà delle piante utilizzate.

ESTRATTI IDROALCOLICI

Gli estratti idroalcolici sono ottenuti da macerazioni di piante in alcol etilico (buongusto) e acqua in proporzioni variabili. Le piante appena raccolte vengono messe a macerare nel solvente a gradazione opportuna  con un rapporto di 1:10, cioè per 100 g di pianta (peso secco) occorre 1 kg di solvente costituito da alcol e acqua, considerando anche quella contenuta nel vegetale. La macerazione avviene al buio e dura almeno 21 giorni, durante i quali l’estratto deve essere regolarmente agitato per migliorare il processo estrattivo. Una volta terminata la macerazione, il liquido ottenuto viene torchiato e filtrato con un filtro di carta e dev’essere conservato in recipienti di vetro scuro al riparo da fonti di luce e di calore per mantenere inalterate le sue proprietà per 5 anni. Gli estratti idroalcolici sono materie prime impiegate comunemente nella formulazione di svariati preparati erboristici, ma trovano largo consumo anche in cosmetica per apportare al prodotto i principi attivi vegetali idrosolubili e, allo stesso tempo, svolgono la funzione di conservanti.

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OLEOLITI

Gli oleoliti, detti anche tinture oleose, oli medicinali, oli medicati o estratti oleosi, sono soluzioni di piante officinali ottenute tramite macerazione, generalmente al sole, o digestione, ovvero macerazione a caldo (massimo 50-60 °C), per l’azione solvente di un opportuno olio o grasso vegetale su droga fresca o secca.

Per l’estrazione si consiglia un olio di ottima qualità che non si alteri facilmente per assicurare una buona conservabilità dell’oleolito. Di solito si usano le piante appena raccolte, ma se si impiegano droghe ricche in acqua, come per esempio i fiori di calendula, è meglio farle leggermente appassire all’ombra e porre molta attenzione al possibile sviluppo di acqua durante la preparazione. Il rapporto tra pianta fresca e olio è generalmente di 1:3, cioè per 100 g di pianta si mettono 300 g di olio, ma in linea di massima si mettono le piante, opportunamente sminuzzate e costipate, in contenitori di vetro riempiti non più di ¾ e si coprono con l’olio scelto. In genere la macerazione avviene al sole per almeno 40 giorni di sole effettivo, in cui l’oleolito va curato di giorno in giorno.

Per fare la digestione, invece, si porta l’olio con l’opportuna quantità di droga vegetale alla temperatura desiderata che non deve mai superare i 60°C per evitare di deteriorare la piante e l’olio veicolante e che va mantenuta per 3-4 ore. Una volta terminata la macerazione o la digestione, l’oleolito va torchiato e filtrato con un setaccio o una garza. Si lascia depositare per 1-2 giorni così che si chiarifichi dalle impurità residue ed eventuale acqua vegetale che va allontanata opportunamente per non compromettere la conservazione del prodotto, che avviene in bottiglie di vetro scuro ben chiuse al riparo da luce, calore ed umidità. Gli oleoliti, se ben conservati, si mantengono inalterati per 18-24 mesi.

Essi sono preparazioni utilizzate a scopo alimentare o curativo, in genere per uso esterno, ma soprattutto costituiscono delle materie prime per numerose preparazioni cosmetiche.

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OLI ESSENZIALI

Gli oli essenziali sono delle complesse miscele di numerose sostanze di varia natura chimica. Si ottengono mediante distillazione in corrente di vapore, per mezzo di procedimenti meccanici idonei o per estrazione con solventi. La scelta del metodo estrattivo più idoneo è dovuta a caratteristiche dei tessuti vegetali che contengono l’essenza e dalla sua stessa natura chimico-fisica.

La tecnica maggiormente utilizzata è la distillazione in corrente di vapore, che permette la separazione dell’olio essenziale dai tessuti vegetali che lo contengono sfruttando la loro volatilità, ossia la capacità di essere facilmente trascinabili dal vapor acqueo, da cui possono essere separati per semplice decantazione per il fatto che fra loro sono immiscibili.

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Per gli oli essenziali agrumati si procede meccanicamente tramite pressione e spremitura a freddo della porzione più esterna della buccia del frutto (epicarpo).

Per fiori e petali si utilizza un procedimento di assorbimento a freddo, detto “Enfleurage”, che consiste nell’appoggiare i tessuti vegetali, immediatamente dopo la raccolta, su uno strato di una opportuna miscela di grassi, i quali assorbiranno l’essenza, che verrà poi purificata.

Gli oli essenziali si conservano per svariati anni senza particolari attenzioni in contenitori di vetro scuro perché sensibili alla luce e ben chiusi per evitare l’evaporazione e il contatto con l’aria. Solamente gli oli essenziali di agrumi si ossidano e possono essere conservato al massimo per due anni. Mentre esistono oli essenziali, in particolare quelli ottenuti da resine, legni e cortecce, che con l’invecchiamento migliorano (ylang-ylang, cedro del libano, mirra, incenso).

Gli oli essenziali, per definizione, costituiscono “l’essenza” della pianta da cui provengono, per cui sono molto concentrati; inoltre, per la loro natura chimica, hanno un’elevata capacità di penetrare nell’organismo umano attraverso la pelle o le mucose e di svolgere una potente azione mirata su specifici organi e apparati, come quello respiratorio, digerente, cutaneo e nervoso. Per questi motivi è necessario usare gli oli essenziali con molta prudenza ed è consigliabile sempre la diluizione in un opportuno veicolante, alimentare o cosmetico.

ACQUE AROMATICHE

Le acque aromatiche o idrolati sono prodotti tramite la distillazione delle erbe in corrente di vapore allo stesso modo di alcuni oli essenziali. Il vapore che attraversa le piante porta con sè le parti aromatiche e condensandosi nella serpentina di raffreddamento si ottiene un’acqua distillata impregnata di una piccola percentuale di oli essenziali (0,5 – 2,5 %) e altri principi attivi che rimangono dispersi in essa. Tale preparazione si ottiene come “scarto” della distillazione di alcuni oli essenziali, come lavanda, menta, eucalipto, conifere, ma può essere anche il prodotto di prima scelta per quelle piante che contengono essenze in piccolissime quantità per ottenere un estratto più nobile dell’infuso o decotto e che si conserva come tale essendo stato distillato (rosa, fiordaliso, melissa).

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Le acque aromatiche si conservano in vasi di vetro scuro ben chiusi e grazie al pH basso e al contenuto in oli essenziali che agiscono come conservanti durano anche più di due anni. Tale preparazione è particolarmente adatta a essere impiegata tal quale come tonico per il viso oppure viene aggiunta in numerose preparazioni erboristiche e cosmetiche come prezioso ingrediente.

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SUCCHI VEGETALI

I succhi di piante fresche sono preparazioni ricavate dalla pressatura meccanica o dalla centrifuga di alcune parti della pianta fresche e appena raccolte. Sono vere e proprie “spremute” dei liquidi presenti nei tessuti vegetali che racchiudono tutti i principi attivi della pianta da cui sono ottenuti. Possono essere impiegati per uso interno tal quali o miscelati ad altri ingredienti per creare degli ottimi sciroppi (es. Piantaggine, Carciofo, Equiseto, Ortica, Rafano nero…). Per uso esterno trovano applicazione per cataplasmi, compresse o come ingrediente attivo di formulazioni cosmetiche (es. Carota, Limone…).

La durata di conservazione è molto limitata, ma può essere estesa attraverso processi di pastorizzazione o trattamenti rapidi ad alte temperature. Si può aggiungere dell’ alcool come conservante.

SCIROPPI E MELLITI

Già noti agli antichi guaritori arabi, gli sciroppi medicinali hanno fatto il loro ingresso nella medicina europea all’inizio del Medio Evo.

Si ottengono dall’aggiunta di una notevole quantità di zucchero (saccarosio, fruttosio, miele) a una soluzione acquosa, che può essere rappresentata da infusi o decotti, nella proporzione di 2:1, cioè due parti di zucchero ogni parte di acqua, e si ottiene la cosiddetta “soluzione medicamentosa”.

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I melliti, o mieli medicinali, si ottengono allo stesso modo degli sciroppi a eccezione del fatto che la frazione zuccherina è esclusivamente ottenuta con miele, multiflora o di una particolare specie mellifera con caratteristiche aromatiche ricercate (tiglio, eucalipto, lavanda…).

Si tratta di soluzioni viscose contenenti almeno il 50% di zucchero (è essenziale per prolungarne la conservabilità), nel caso si raggiungano concentrazioni minori di zucchero occorre aggiungere conservanti.

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Principale metodo d’impiego degli oli essenziali, di cui si vuole sfruttare la parte aromatica che agisce sul nostro organismo, in via preferenziale l’apparato respiratorio, per inalazione diretta. Si prepara versando dell’acqua calda in una ciotola, si aggiunge l’OE prescelto, o una miscela di OE, e si respirano i vapori che si sprigionano sporgendosi sulla ciotola e coprendosi il capo con un asciugamano per non disperdere i principi attivi volatili.

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Si respira profondamente attraverso il naso per circa un minuto. Per far in modo che la frazione volatile si disperda completamente dall’acqua senza che questa venga ulteriormente riscaldata, si può aggiungere un pizzico di bicarbonato. Sono consigliati per liberare le vie respiratorie, decongestionare e liberare il naso, sciogliere il catarro dando sollievo ai bronchi contribuendo a sciogliere ed eliminare le secrezioni catarrali.

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CATAPLASMI

Il cataplasma è un impiastro medicamentoso estemporaneo impiegato per uso esterno, preparato mescolando a caldo droghe fresche o polverizzate con acqua, infusi o decotti, ma anche oli o succhi vegetali fino ad ottenere la consistenza desiderata.

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Si applica generalmente caldo a scopo emolliente o lenitivo sulla pelle o su una parte dolente, avvolta e protetta da un panno per mantenere a lungo il calore e l’umidità necessari affinché il cataplasma eserciti la sua azione benefica.

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POMATE

Le pomate sono creme anidre, cioè prive di acqua, molto concentrate e sono generalmente usate per le proprietà terapeutiche apportate dalle piante sotto forma di oleoliti e oli essenziali. Per prepararle una ricetta base ce l’ha fornita Galeno (cerato galenico): 90 ml di oli e/o oleoliti, 14 g cera d’api,   1-5 ml di olio essenziale. Si scalda lentamente, preferibilmente a bagno maria, l’olio/oleolito e la cera finché quest’ultima non si è completamente sciolta (prestare particolare attenzione alla temperatura, che non deve superare i 50-60 °C). Quindi si toglie dal fuoco e si aggiungono gli oli essenziali continuando a mescolare bene. Una volta miscelato il tutto si versa la pomata ancora liquida in vasetti di vetro lasciati aperti fino al raffreddamento del prodotto. Le pomate rappresentano la forma di somministrazione per uso topico di più largo impiego e si conservano a temperatura ambiente, preferibilmente al riparo da luce e calore, fino a 2-3 anni, ma è sempre preferibile prepararne piccoli quantitativi anche in considerazione della facile preparabilità del prodotto.

Foglie di vite ed acido jaluronico

CREME

Le creme hanno la funzione di idratare e nutrire la nostra pelle, di proteggerla da genti esterni e di correggere eventuali problemi e inestetismi cutanei. Una crema è data dall’emulsione di una fase oleosa e una fase acquosa unite in modo stabile grazie all’aggiunta di un emulsionante, come la lecitina di soia. La fase oleosa è rappresentata da lipidi, come oli vegetali, oleoliti, cere, burri e oli essenziali, che danno consistenza e conferiscono al prodotto la capacità di nutrire la pelle in modo profondo e duraturo, mentre la fase acquosa è data da semplice acqua, infusi, decotti, idrolati, estratti idroalcolici, succhi, gel, che apportano idratazione e morbidezza. Alcuni di questi componenti, oltre a costituire gli ingredienti base, apportano principi attivi che possiedono svariate proprietà e svolgono anche funzioni secondarie, ad esempio oli essenziali ed estratti idroalcolici permettono la conservabilità del prodotto nel tempo, gli oli essenziali conferiscono profumo, piacere e carattere ai preparati. Il tempo di conservazione di una crema completamente naturale dipende dalla riuscita dell’emulsione e dai sistemi di conservazione utilizzati, ma di norma se si seguono le buone norme d’igiene, si aggira intorno ai 3-6 mesi a temperatura ambiente in vasi ben chiusi al riparo da fonti di luce e di calore.

5.  ALCUNE PIANTE OFFICINALI CHE CI CIRCONDANO E I LORO INNUMEREVOLI IMPIEGHI

“Tutti i prati e i pascoli, tutte le montagne e le colline sono farmacie”  (Paracelso)

N.B. Nella provincia Autonoma di Trento il regime di protezione è esteso anche nei confronti del patrimonio floristico naturale tipico dell’ambiente alpino (Legge Provinciale n.16 del 25 luglio 1973) e chi si reca nei prati e nei boschi del Trentino deve sapere che:

– è assolutamente vietata la raccolta di specie tipiche della flora alpina, in quanto rare o endemiche, come tutte le Orchidee (Orchis spp.), il giglio rosso (Lilium bulbiferum), il giglio martagone (Lilium martagon), la stella alpina (Leontopodium alpinum), il tasso (Taxus baccata), il pungitopo (Ruscus aculeatus).

  • è consentita la raccolta di non più di 5 assi fiorali al giorno.
  • è vietata l’estirpazione delle piante, nonché il prelievo di tuberi, radici, rizomi e stoloni.

Inoltre, dal 2007, la raccolta delle piante spontanee è disciplinata dalla Legge provinciale n. 11 del 23 maggio 2007 (Governo del territorio montano, dei corsi d’acqua e delle aree protette) che obbliga tutti coloro che vogliano effettuare tale pratica, anche per scopi personali, a conseguire l’autorizzazione provinciale alla raccolta di specie vegetali spontanee. Tale provvedimento tiene conto anche degli Standard Internazionali per la Raccolta Sostenibile delle piante officinali (ISSC-MAP), che hanno lo scopo di mantenere disponibile nel tempo tale risorsa, prevenire un impatto negativo sull’ambiente, rispettare i diritti d’uso abituale e adottare criteri di raccolta responsabile.

Autrice Paola Sicher

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

  • Pignatti “Flora d’Italia” Edagricole 1982
  • B. Pelle “Il manuale del fitopreparatore” Studio Ed. 1998
  • E. Agradi t al. “Conoscere le piante medicinali” Ed. Mediservice 2005
  • F. Capasso et al. “Fitoterapia: Impiego razionale delle droghe vegetali” Ed. Springer 2006
  • F. Capasso et al. “Farmacognosia” Ed. Springer 2001
  • I. Morelli et al. “Manuale dell’erborista” Tecniche Nuove 2005
  • P. Chiereghin “Fitoterapia per il farmacista” Tecniche Nuove 2005
  • V. A. Worwood “Guida completa all’Aromaterapia” Macroedizioni 2002
  • L. Satanassi e H. Bosch “Petali e Rugiada – 1° petalo” Humusedizioni 2010
  • S. Vernaccini “Piante e erbe nelle Dolomiti” Artimedia 2002
  • F. Cappelletti “Dalle erbe la salute” Publilux 1966
  • http://www.actaplantarum.com

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