Adotta un MELO!! Il nostro progetto di solidarietà

 

Adotta un Melo: progetto di solidarietà tra Val di Non e Brasile (con lettera di Luis Zadra)

Da Aprile in Val di Non cominciano a fiorire gli alberi di mele.

Uno spettacolo davvero unico che riesce a incantare anche gli spiriti meno romantici! Proponiamo offerte allettanti per chi decida di venire ad ammirare lo spettacolo e ne approfitti per trascorrere qualche giorno di vacanza nel nostro Resort.adotta un melo_pineta - Copia

La vasta valle è completamente ricoperta da meleti, così come i paesi che la circondano. Oltre ai meleti, potrete vedere anche i vigneti che in questo periodo dell’anno cominciano a risvegliarsi e a preparare le gemme per le nuove uve in arrivo.

adotta un melo_pineta-mela -

Ammirando lo spettacolo dal vivo, immersi in questa meravigliosa natura sembra davvero di essere entrati in un paradiso terrestre. Il profumo dei fiori poi si diffonde per tutta la valle, regalando sensazioni uniche anche ad occhi chiusi. La fioritura dei meli invoglia al movimento e al contatto con la natura, proprio per questo vengono organizzate feste per festeggiare l’evento!

adotta un melo_pineta-mela-raccolta -

In concomitanza con la fioritura anche quest’anno proporremo l’iniziativa…

Adotta un melo … il nostro progetto di solidarietà!

Simbolo di nascita e di speranza,  vuole essere un modo semplice per condividere con i nostri amici il nostro amore per gli altri e il nostro impegno di solidarietà.

In occasione del matrimonio di Nicola e Laura, indimenticabile gesto di solidarietà, la Famiglia Sicher ha pensato di dare vita al progetto di solidarietà “Adotta un melo in fiore” e di rinnovarlo nel tempo.

La nostra pianta della speranza in occasione del nostro matrimonio in Brasile
La nostra pianta della speranza in occasione del nostro matrimonio in Brasile

Adottare un melo è un atto di sensibilità verso chi è più sfortunato

Vi chiederemo un’offerta di € 15 che, uniti al nostro impegno e lavoro, contribuiranno alla realizzazione di alcune borse di studio per studenti bisognosi della Comunità del Matão, in Brasile, che ha accolto Nicola e Laura per il loro matrimonio e che abbiamo scelto di aiutare ogni anno.

Il Pineta Nature Resort rinnova l’iniziativa Adotta un melo: un percorso che ha inizio in primavera, quando i campi della Val di Non sono imbiancati dai fiori dei meli… tutti coloro che lo desiderano potranno adottare un “albero”: cioè personalizzare una giovane pianta di melo con una targhetta che porta il proprio nome.

Adotta un melo Solidale al Pineta
Il cartello che evidenzia il melo adottato, qui una pianta di Red
Il cartello che evidenzia il melo adottato, qui una pianta di Red

In autunno nel nostro campo il melo aspetterà grandi e piccini durante la festa della raccolta, occasione in cui i partecipanti potranno raccogliere portarsi a casa una cassetta di mele (5 kg circa) dall’albero adottato in primavera.

Il melo di Lorenzo, qui le tipiche mele Melinda con una fantastica rosetta.
Il melo di Lorenzo, qui le tipiche mele Melinda con una fantastica rosetta

Un modo diverso e coinvolgente per esplorare il territorio e per imparare a conoscere luoghi, persone, culture e colture tanto diverse per chi viva abitualmente in città o pensi alla montagna solo d’inverno.

Adotta un melo Solidale al Pineta
Fiori di melo passeggiando in primavera in val di non
Fiori di melo passeggiando in primavera in val di non

Matrimonio in bianco e nero Il grande giorno di Laura e Nicola nella comunità del Matão: un po’ di storia.

Non capita tutti i giorni che una coppia di italiani decida di sposarsi col rito religioso in una comunità nera del Brasile. Ebbene, è quanto hanno deciso di fare Laura e Nicola per coronare il loro sogno di solidarietà, appoggiando in questo modo le attività di Luís (Gigetto) Zadra a sostegno delle comunità afrodiscendenti della Paraíba nel Nord Est del Brasile. Preparata fin nei minimi dettagli, la giornata si è trasformata in una grande festa per gli sposi e per tutta la comunità del Matão che, per l’occasione, ha visto l’arrivo di numerosi ospiti da parte di altre comunità nere dei dintorni.

Siamo arrivati al villaggio del Matao

Siamo arrivati al villaggio del Matao

AltroBrasile un matrimonio in Bianco e Nero

Il pineta ha adottato anche una capretta per contribuire allo sviluppo sostenibile del nostro territorio… Scopri di PIU’ QUI

Lettera di Luis Zadra per i suoi 40 anni di missione in Brasile, dedicata agli amici del Pineta

Cari amici e amiche, vorrei condividere con voi in questo prossimo Natale un po’ dei miei 40 anni di Brasile, così, a getto, senza molta logica ma con molta emozione. È una meta significativa insieme ai 70 anni che compirò il 5 febbraio del prossimo anno.

La mia avventura brasiliana inizia il 7 gennaio del ‘74 quando, con altri due colleghi comboniani, salpai da Genova. Avevo 28 anni. Lasciavo sul molo mio padre, parenti e amici. Sono arrivato in Brasile il 17 gennaio, a Rio de Janeiro. Mi ricordo bene del viaggio sulla Eugenio Costa, una nave da crociera che andava in America. Da buon missionario ho scelto questo mezzo perché corrispondeva all’immaginario del tempo e rimandava ai personaggi gloriosi che sempre partivano in nave per la missione.

Mi ricordo che dopo lo stretto di Gibilterra, iniziando la traversata dell’Oceano Atlantico, affrontammo mare mosso e la maggioranza dei passeggeri era in cuccetta con grossi problemi di stomaco e io, unico sulla punta più alta della prua, tenendomi fisso alle ringhiere per non essere spazzato via dal vento, in maniche di camicia (gennaio), affrontavo l’avventura. Come un vecchio lupo di mare. Mi ero preparato per questo e dovevo mostrare a me stesso che ero in grado di affrontare il nuovo. Ero partito con una carica di motivazioni addosso che nessun ostacolo avrebbe potuto abbattere.

Avevo con me poche cose, tutto in una valigia, perché pensavo di andare a vivere nelle campagne, nei boschi, con la gente povera dove non c´era bisogno di quasi nulla. L´unico lusso era la mia Minolta Reflex (mi è sempre piaciuta la fotografia) che fino all´ultimo momento volevo lasciare a casa tanto era il distacco da tutto per intraprendere nuove strade.

Dal ‘67 mi stavo preparando per il Brasile quando a Vallombrosa in un momento di ritiro ci avevano dato la possibilità di scegliere la missione. Il Brasile mi attirava per i suoi grossi problemi, l´ingiustizia soprattutto che relegava la gente nella povertà. L´ingiustizia mi ha sempre spinto a combattere. In quel periodo avevo iniziato a leggere libri sulla realtà brasiliana, sulla tortura e dittatura. Nel ‘68 avevo ascoltato a Firenze dom Helder Camara che in piazzale Michelangelo, in mezzo a una folla di giovani seduti sull´asfalto, alzava il suo dito profetico che affascinava la gioventù. Il Brasile era il mio destino e letteratura, musica, realtà politica erano diventati i miei interessi.

La prima esperienza a Paraibano, stato del Maranhão, già definiva la mia scelta. Qui voglio lavorare e qui voglio restare, mi dicevo con convinzione. Avevo anche scelto un posticino, una comunità rurale (Marajà) dove avrei voluto invecchiare fra la gente, una volta che non avessi più potuto lavorare come missionario.

Sono arrivato in Brasile carico delle idee e ideali del ‘68: giustizia, dignità, uguaglianza, gli stessi diritti per tutti. Fin dall´inizio mi sono lasciato coinvolgere nella realtà contadina del Maranhão e ciò mi metteva in rotta coi proprietari terrieri (fazendeiros) di Paraibano. Mi ricordo ancora di Raimundinho del gruppo dei contadini del Marajà che affermava che la gente diceva che ero comunista: “Se essere comunista significa essere come te, allora anch’io sono comunista” affermava con orgoglio.

https://www.youtube.com/watch?v=ic1bp0–no8

Fu un’esperienza intensa e unica quella nel sertão del Maranhão (‘80/’86), Balsas, Tasso Fragoso, Alto Parnaiba, terra alla fine del mondo, dove mi trovavo da dio: senza luce elettrica, senza poste, senza strade, senza televisione, telefono, banca… nulla, ma immerso in un’umanità che mi contagiava. Ricordo ogni particolare, nomi di luoghi, piante, fiumi, uccelli, pesci, strumenti di lavoro… tutto, proprio tutto. Ho sempre osservato molto, domandato tanto… curioso. La sensazione fortissima di una grande umanità come quando ci siamo persi nel sertão (savana) nel cammino verso Baixa Funda e quando arrivammo a notte fonda tutta la gente ci stava aspettando davanti alla casa di Dimoço.

Seu Germano e sua figlia Ouro, che si è sposata con Manoel: bella ragazza, perduta, come dicono nel sertão ma che ha trovato Manoel che la amava e gli uomini che mi chiedevano di non sposarli, che la lasciassi per loro. Seu Julio del Breginho, maestoso sul suo cavallo, un patriarca che seguo a distanza, pure io a cavallo, perché mi porta alla prossima comunità. Ah que saudade (nostalgia) del mio sertão! I ricordi affiorano a frotte, emergono insistenti quasi per dire: ci siamo anche noi, come le sorgenti delle varzeas (zone bagnate) del sertão che zampillano per ogni dove.

Ho imparato ad amare l’essenziale, la solidarietà/fedeltà verso i poveri, il distacco dalla gloria, dalla fama, dalle futilitá, la condivisione di quello che ho e che ritengo anche degli altri.

La gente, i contadini, le Cebs (comunità di base), la teologia della Liberazione, i neri, i quilombos. Il filo conduttore che mi ha sempre guidato: la capacitá di stare insieme. Un´immagine che mi è sempre piaciuta e che in parte mi si addice è quella di un viandante (caminhante) che carica una grande bisaccia in cui pone le cose essenziali per il viaggio, la sua storia, i suoi ideali da condividere e, soprattutto, le cose buone raccolte, viste e vissute durante il viaggio fra la gente. Il mio piccolo libro di memorie/cronache del sertão (Sentieri del Sertão) e quanti “retirantes” ho incontrato nel sertão quando la sera sulla soglia della casa in cui ero ospite e dove appendevo la mia amaca (la mia inseparabile amaca che mi ha accompagnato e accolto per 30 anni, giorno e notte, e che tuttora in parte mi accompagna).

Ascoltavo storie spesso drammatiche ma che facevano parte di quel mondo e annotavo sul mio quaderno e sul libro della mia memoria storielle, fatti. Il cibo condiviso, alle volte scarso, il bagno nei torrenti freddi del sertão che rinnovavano le membra stanche dopo ore di jeep su strade impossibili e praticamente inesistenti. Confesso che ho amato molto la realtà in cui ho vissuto; le esperienze fatte le ho portate con me come bagaglio di vita. L´esperienza di chiesa che vive nella base e l’esperienza della liberazione, con una fede semplice ed essenziale.

Luis "Gigetto" Zadra e la sua comunità in Brasile
Luis “Gigetto” Zadra e la sua comunità in Brasile

E mi ricordo delle “desobrigas”, visite alle comunità del sertão, dove vedevo la gente una volta all´anno e mi chiedevo cosa potevo lasciare che li aiutasse a vivere meglio. La dottrina era l´ultima preoccupazione: i dogmi e le norme soffrivano per mia causa. “Misericordia voglio e non sacrificio”, sempre mi ricordava il vangelo. Ho elaborato per me quello che ritengo essenziale del vangelo: “Sono venuto affinché tutti abbiano vita e in abbondanza”, diceva Gesú. La grande domanda che sempre mi ponevo era: cosa è l´essenziale in questo contesto di povertà e di estremo abbandono? Cosa significa annunciare Gesú e il suo vangelo? Ho dovuto buttare a mare molta zavorra, molta ideologia dottrinale per essere fedele al vangelo e alla gente!

Col tempo quella prima e semplice valigia si è trasformata in varie valigie, ma lo spirito di condivisione è rimasto. Ho imparato che avere delle cose non è un male, il male è non condividere quanto si ha, e soprattutto il grande male è non spezzare la propria vita come si spezza un pane e che la vita è un grande dono da condividere con quanti aspettano questo “pane”.

Lasciare il sertão per andare in periferia di São Luis mi è costato molto, ma non ho potuto tirarmi indietro di fronte alle nuove sfide. Le favelas di São Luís, i rioni di Vila Embratel, Anjo da Guarda, un mare di gente e tu perso in mezzo che ti chiedi: cosa devo fare e cosa devo annunciare a questa gente? E più avanti un altro cambiamento per affrontare la realtà dello stato della Paraíba con la tematica razziale, la lotta al razzismo e la missione nei quilombos. Però il cambiare, oltre al dolore del distacco, porta la novità.

Ho sempre attinto al pozzo delle mie risorse naturali; ciò mi ha portato a nuove sfide, nuovi stimoli. Il nuovo, o la nuova realtà, non mi hanno mai permesso di adagiarmi, di ritenermi arrivato, di andare in pensione e di rifugiarmi nel mio nido: ho sempre davanti a me qualcuno e qualcosa che mi sorprende, mi stimola, mi aspetta, mi chiede risposte. I miei prossimi 70 anni per ora non rappresentano un problema: mi sento ancora giovane!

Ho avuto come compagni di viaggio colleghi generosi, dedicati, impegnati con i poveri e che hanno raggiunto la meta, alcuni forse troppo presto: Gesuino, Florio, don Rino, Franco Masserdotti, Franz Pellegrini e molti altri ancora sulla breccia anche se un po’ stanchi per gli anni. Li ricordo tutti: laici generosi, suore dedicate, mamme dei poveri. Confesso che ho vissuto parafrasando Pablo Neruda, confesso che ho vissuto ma ho vissuto insieme, con loro.

Paraibano, Tasso Fragoso, Balsas, Alto Parnaiba, São Luís, João Pessoa: una casa mia, una famiglia, figli e lo stesso impegno con i più poveri.

Quarant’anni! Una vita carica di incroci, di curve, di sfide che mi hanno sempre visto all´erta. Penso di non avere perso le opportunità. La mia scelta di vivere con Francimar, una donna che amo e ammiro profondamente per la sua intelligenza generosa e cuore grande, l´adottare Daniel e Joice, l´aver accolto tanta gente nella mia vita, nella nostra casa, l´aver aiutato giovani a trovare la loro strada, tante e tante esperienze; il tutto nella bisaccia che si è riempita sempre di più ma che ha reso il cammino più soave e leggero. Non ho accumulato soldi, non ho fama, non sono importante, ma so che il mio stare con la gente ha avuto e ha un senso.

A proposito, in dicembre diventerò nonno perché Edsandra, che per 5 anni ha vissuto con noi e che ho accompagnato all´altare come una figlia, avrà il suo Davide.

Cultura e condivisione sono alla base dell'integrazione sociale: questo è il credo di Luis Zadra e dei suoi compagni missionari
Cultura e condivisione sono alla base dell’integrazione sociale: questo è il credo di Luis Zadra e dei suoi compagni missionari

Ho sempre cercato di ascoltare la gente, di capirne i problemi e il grido spesso soffocato di dolore a causa dell’oppressione. Ho cercato di trovare risposte, di essere fedele a coloro che mi indicavano il cammino del vangelo. Molta gente mi vuole bene, gente spesso poverissima ma generosa nell´affetto.

Percorrendo i sentieri della memoria mi sono ritrovato a ripensare ai numerosi momenti, più di una decina, che mi hanno visto in prima fila con i contadini che lottavano per il diritto alla terra. Sapevo del rischio, ma non avevo e non ho paura. La gente merita, ha bisogno. Non è stato per sfizio, per fare il coraggioso, ma per stare sempre dalla parte dei perdenti. L´amore alla terra e a quanti ci vivono perché ne traggono il pane quotidiano. Mi ricordo una sera a Paraibano dove avevo quasi certezza che qualcosa di grave avrebbe potuto capitarmi: ho giurato a me stesso fedeltà alla causa dei poveri anche se potevo rimetterci la pelle. Ero disposto a tutto.

L´appoggio alla organizzazione popolare. In questi 40 anni non ho mai ceduto alla tentazione di mollare, forse senza accorgermene ma rimanendo fedele a quella immagine sulla nave dove ero disposto ad affrontare tutte le tempeste.

Un grazie sincero alla mia famiglia naturale che mi ha sempre seguito e amato, che mi ha capito nelle mie scelte. Un grazie ai molti amici e amiche che mi hanno seguito e continuano a seguirmi in questo cammino con amicizia e aiuti concreti. Un grazie al mio paese e alla sua gente che mi hanno segnato nell´anima: Denno, la mia valle di Non, le mie montagne che mi hanno scolpito nel cuore un segno indelebile.

Sono felice dei 30 anni di sacerdote che ho vissuto con dedicazione e generosità e sono felice di essere tuttora comboniano nello spirito. Ho cambiato status ma non ho cambiato direzione: la scelta di fondo di fedeltà al vangelo. Ogni strada è buona purché ci metta tutto te stesso. Sono esperienze indelebili che mi hanno formato all´impegno e alla libertà. Saper ascoltare, vedere oltre le apparenze, essere tollerante, mai dire mai.

Con sincerità e con orgoglio posso affermare che HO AMATO E CONTINUO AD AMARE! Un buon Anno a tutti di fraternità e condivisione.

Gigetto, Gigi, Luís Zadra (come volete)

PS. Dimenticavo di dire quale regalo vorrei per i miei 70 anni e i miei 40 anni di missione in Brasile.

UNA PROPOSTA DI SOLIDARIETÀ: due motozappe per facilitare la vita ai contadini a cui ho insegnato a coltivare gli orti e che ora sopravvivono grazie a questo lavoro. Servono più o meno 3.000,00 euro.

Per condividere ecco il mio conto corrente: Cassa Rurale Bassa Anaunia – Denno IT90X0807934730000000300384.

Immagini di alcune bimbe brasiliane, le cui famiglie sono state aiutate dal lavoro di "Gigetto" e della sua comunità
Immagini di alcune bimbe brasiliane, le cui famiglie sono state aiutate dal lavoro di “Gigetto” e della sua comunità

A proposito della meravigliosa comunità guidata dal caro amico Luis Zadra in Brasile, vi invitiamo a leggere la sua storia scritta appositamente per il Pineta dal titoloUna briciola di bimba…“.

Per saperne un po’ di più, vi consigliamo infine di visitare il sito web Altrobrasile.blogspot.comGrazie a tutti per il vostro gesto di solidarietà e … diffondete per favore la voce!!

Nicola Sicher e Riccardo Tempo


2 risposte a “Adotta un MELO!! Il nostro progetto di solidarietà”

  1. […] diventa così per due giornate il regno incontrastato della mela: è possibile infatti raccogliere le mele direttamente dall’albero, imparare a cucinare lo strudel, conoscere e assaggiare le diverse varietà di mele e i loro golosi […]

  2. […] completare ancora di più la tua esperienza primaverile in Val di Non? Adotta un melo in fiore… partecipa alla nostra campagna di solidarietà per i bambini in […]

Lascia un commento