Orso Trentino: conoscerlo per amarlo e conviverci!

 

Innanzitutto sappiate come primo punto che vedere un orso in libertà è una fortuna che capita a pochi e poche volte.

Io e Livio andiamo tutti i giorni nel bosco a camminare, spesso proprio nel Parco Naturale Adamello Brenta, che qui in Trentino è la vera casa degli orsi, dove svernano, hanno le tane più storiche, le mamme hanno i cuccioli…

Mai purtroppo però ci è capitato di veder un orso da vicino e nemmeno da lontano. Qualche volta abbiamo trovato sul nostro percorso le sue tracce nel fango o nella neve ma nulla di più.

Una traccia d’Orso nella neve della Val di Tovel

Questo per ricordarvi che l’orso è proprio ORSO di fatto!

Se possibile lui non si fa trovare e vedere, i suoi sensi sono acutissimi e la sua prima reazione alla presenza dell’uomo è allontanarsi.

Detto questo comunque, la convivenza fra uomo e orso è possibile, a patto che si rispettino alcune semplici regole di comportamento.

Orso Trentino: osservare le regole

A questo obiettivo lavora, da tempo, la Provincia di Trento, che ha messo in campo una serie di strumenti finalizzati a informare la popolazione e i turisti sul progetto orso in Trentino e soprattutto su come comportarsi in caso di incontro con questo mammifero che è tornato a popolare l’area dolomitica.

Una sintesi delle regole base è contenuta, tra l’altro, nei cartelli che troverai nei punti di accesso alle aree più frequentate dai plantigradi e contribuiranno a ricordare a residenti e turisti che frequentano i nostri boschi gli accorgimenti da osservare.

L’orso in Trentino: domande e risposte Le nostre FAQ per conoscerlo meglio 

A fine anni Novanta, per salvare il piccolo nucleo di orsi sopravvissuti da un’ormai inevitabile estinzione, il Parco naturale Adamello Brenta con la Provincia autonoma di Trento e l’Istituto nazionale della fauna selvatica (Ispra), usufruendo di un finanziamento dell’Unione Europea, ha dato avvio al progetto Life Ursus, finalizzato alla ricostituzione di un nucleo vitale di orsi nelle Alpi Centrali tramite il rilascio di alcuni individui provenienti dalla Slovenia.

Nel 1999 il progetto è partito con la liberazione dei primi due esemplari: Masun e Kirka. Tra il 2000 e il 2002 sono stati liberati altri 8 individui, per un totale di 10 complessivi. Il progetto, concluso nel 2004, ha portato oggi il numero di orsi in Trentino a superare i 100 esemplari.

La presenza dell’orso genera diverse domande, legate al comportamento da tenere nel caso di un incontro ravvicinato con questo grande plantigrado. Qui sotto abbiamo raccolto le domande più frequenti.

mamma con cuccioli orso in trentino
Mamma orsa con i suoi cuccioli in Trentino

Vi riposto un pensiero che condivido di un caro amico..

Conoscere l’orso, la sua maniera di comportarsi, di agire e reagire, i suoi ambienti, le sue necessità è l’unica maniera per una convivenza pacifica. Chi vive in montagna dovrebbe studiare l’etologia della specie e comprenderne l’importanza per un territorio.

Grazie Matteo Zeni per questo bellissimo libro che consiglio a tutti i montanari che vogliono ancora godere del proprio territorio e avere montagne libere, selvagge e vere.

Alessandro Fantelli
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“Coloro che hanno avuto la possibilità di stare in un territorio con gli orsi sanno che la loro presenza eleva le montagne, rende i canyons più profondi, acuisce il soffio dei venti, illumina le stelle, oscura le foreste, accelera il battito delle cose.”

(John Murray)

Generalmente, quando si incontra un orso, la cosa più importante è mantenere la calma.

Ricordati innanzitutto che la reazione più comune di un orso quando si accorge delle presenza umana è di abbandonare la scena, sappi che lui sente molto meglio di noi e soprattutto usa l’olfatto ancora meglio!

Quindi è proprio un caso fortunato poter veder un orso … (parole di Livio)!

In altri casi l’orso si alza sulle zampe posteriori, ma sappi che non si tratta di una postura aggressiva, ma di un suo modo per osservare meglio i dintorni.

le uniche traccie di orso che sono riuscito a trovre
Le uniche tracce di orso che sono riuscito a trovare

Recentemente, sono stati posizionati alcuni cartelli nei punti di accesso alle valli e lungo i principali sentieri che contengono la scritta “Area di presenza dell’orso” e le buone pratiche comportamentali.

Quindi non abbiate paura, incontrare un animale così bello e spettacolare sulle nostre montagne non è un pericolo ma il segno evidente che il nostro territorio è ancora salubre e adatto alla sopravvivenza di animali così schivi e silenziosi.

nel parco naturale adamello brenta
Nel parco naturale Adamello Brenta

Gli orsi bruni europei temono gli uomini e tendono a evitarli. Ricordiamo però che sono animali selvatici che possono manifestare comportamenti aggressivi per difendersi, per proteggere la prole o se vengono colti di sorpresa.

Si raccomanda quindi di prestare attenzione e di cercare di evitare incontri a distanza ravvicinata. Facciamo sentire la nostra presenza ad esempio parlando ad alta voce o battendo le mani, quando ci troviamo in un bosco frequentato dagli orsi.

Orso Trentino: regole di comportamento in caso di incontro ravvicinato!

Ecco qui tutte le ipotesi che potresti valutare in caso di un incontro ravvicinato con un orso.

  • Se l’orso non ci ha notati, torniamo silenziosamente sui nostri passi, senza perderlo di vista.
  • Se l’orso nota la nostra presenza e si allontana (è il caso più comune), attendiamo prima di proseguire, evitando di muoverci nella sua stessa direzione.
  • Se l’orso nota la nostra presenza e si alza sulle zampe posteriori per
    identificarci, rimaniamo fermi e parliamo con tono calmo.
  • Se l’orso rimane fermo, allontaniamoci lentamente, parlando sempre con tono calmo.
  • Se l’orso si avvicina, camminando o correndo, restiamo fermi, parliamo con calma e diamogli modo di capire che non siamo un pericolo.
  • Se avviene un attacco con contatto fisico, stendiamoci al suolo a faccia in giù, con le dita delle mani intrecciate dietro il collo e le braccia a proteggere il capo, restando assolutamente immobili finché l’orso interrompe l’azione e si allontana. Non fuggiamo, non gridiamo e non tentiamo di colpirlo. Se indossiamo uno zaino, non tentiamo di liberarcene, potrebbe essere utile per proteggersi. Rimaniamo a terra finché siamo certi che l’orso si sia allontanato.

Segnalazioni di presenza di femmine di orso coi piccoli!

In questa parte (scoprirla QUI) del sito dedicato ai Grandi Carnivori in Provincia di Trento inaugura un nuovo servizio informativo; le mappe allegate permettono infatti di conoscere le aree del Trentino in cui viene segnalata la presenza di femmine di orso accompagnate da cuccioli dell’anno.

Orsi Radio collati! Dove sono?

Qui invece la mappa con le griglie precise dove si trovano gli orsi radio collati del Trentino!

Ascolta la storia di M49

Una storia di orso e uomo sulle alpi del Trentino …

Negli anni Novanta sulle Alpi italiane gli orsi bruni erano praticamente estinti, a causa della caccia e dell’espansione delle attività umane. Poi un ambizioso progetto si diede l’obiettivo di ripopolare le Alpi di orsi: dieci esemplari furono prelevati dalla Slovenia e portati in Trentino. Funzionò. La convivenza però non è stata facile. Uno di questi orsi, M49, ha una storia e un carattere particolari.

Entra nelle malghe per sfamarsi; a volte caccia per il gusto di cacciare, senza mangiare. Si avvicina alle persone, a volte troppo. Viene catturato, fugge da un recinto elettrificato. Ne nasce una forte discussione tra la popolazione, alimentata e distorta dall’informazione e dalla politica: ed è una discussione che può dirci molto sul rapporto tra gli esseri umani e la natura.

Alcuni spunti di riflessione dopo l’aprile 2023…

Gli orsi bruni diventano pericolosi solo in rare e particolari condizioni, ma ci sono comunque comportamenti da seguire per evitare aggressioni

Quanto sono pericolosi gli orsi?

Piccola rassegna stampa che ci da il modo di riflettere

Da il (Il Post, 8 aprile 2023)

 Mercoledì sera è avvenuta la prima aggressione mortale di un orso in Italia nella storia contemporanea. Andrea Papi, un ragazzo di 26 anni di Caldes, in provincia di Trento, è stato ucciso nei boschi della zona mentre stava tornando da una corsa sul monte Peller. Il suo corpo era stato ritrovato nella notte fra mercoledì e giovedì dopo alcune ore di ricerche, e aveva segni compatibili con l’aggressione di un orso. L’autopsia ha dato la conferma ufficiale delle cause della morte. Il corpo del ragazzo presentava graffi, segni di un morso al braccio, ferite profonde al torace e al collo.

Il presidente della provincia autonoma di Trento Maurizio Fugatti ha firmato un’ordinanza che prevede la cattura e l’abbattimento dell’orso, che dovrebbe essere riconosciuto grazie a test genetici svolti su campioni organici ritrovati sul luogo dell’attacco. La morte di Papi ha riaperto una discussione che in Trentino e in Alto Adige, dove vive una delle rare popolazioni di orsi bruni (Ursus arctos secondo la classificazione scientifica) d’Italia, ricompare ciclicamente quando un orso attacca un uomo: quanto sono pericolosi gli orsi?

Secondo un articolo scientifico pubblicato su Nature nel 2019 c’è la percezione che questi animali siano particolarmente pericolosi per gli esseri umani, soprattutto perché «tra tutti i grandi predatori terrestri e acquatici, gli attacchi perpetrati da orsi bruni sono quelli più raccontati dai media internazionali». «Anche se gli attacchi dell’orso bruno sono meno frequenti di quelli di altri predatori, questa specie ha il potere di attirare l’attenzione amplificata dei mass media, che ha il potenziale per influenzare negativamente l’atteggiamento del pubblico», spiega Nature.

Secondo lo stesso studio, tra il 2000 e il 2015 si sono verificati 664 attacchi di orsi a livello mondiale, di cui 95 sono risultati mortali. La maggior parte di queste morti sono avvenute in Nord America, sia da parte di orsi bruni che di orsi grizzly, che ne sono una sottospecie. Prima di quest’anno, in Italia erano state registrate 7 aggressioni in 150 anni: nessuna era risultata mortale.

In un’intervista Repubblica in seguito alla morte di Papi, Piero Genovesi, uno dei maggiori esperti mondiali di orsi bruni e responsabile del Servizio per il coordinamento della fauna selvatica dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ci ha tenuto a sottolineare che «gli attacchi con feriti, in tutta Europa, ci sono tutti gli anni, ma le aggressioni mortali sono molto rare». In Svezia, dove vivono tra i 4 e i 5mila esemplari di orsi a fronte dei circa cento che vivono in Trentino, si registra circa un incidente all’anno, ma quelli mortali negli ultimi 15 anni sono stati soltanto due. In Romania, dove ci sono oltre 6mila orsi, molti dei quali abituati all’uomo, gli attacchi mortali sono stati 11 in 15 anni.

«Esperimenti effettuati in Scandinavia hanno dimostrato che la reazione dell’orso, se si accorge della presenza di un umano, è sempre di allontanarsi: perciò non basta avvicinarsi all’orso perché ci sia pericolo», spiega Genovesi.

Secondo una pagina informativa della provincia autonoma di Trento, gli orsi bruni diventano pericolosi solo in rare e particolari condizioni: quando sono feriti; se sono femmine con cuccioli appresso; se vengono sorpresi su carcasse o altre fonti di cibo; se vengono colti all’improvviso in un modo che li possa spaventare; se vengono disturbati nella propria tana; se si sentono troppo a proprio agio attorno agli esseri umani. Gli orsi infatti sono animali prevalentemente vegetariani e salvo eccezioni non vedono una minaccia nelle persone, e nemmeno sono interessati ad avvicinarle. Se però un orso si abitua alla presenza degli esseri umani potrebbe avvicinarsi più spesso, aumentando la possibilità di incontri e quindi di rischio per le persone.

«È importante ricordare che è assolutamente negativo e pericoloso sia per l’uomo che per l’orso cercare di attirare quest’ultimo con esche alimentari allo scopo di osservarlo, fotografarlo o filmarlo», ricorda per esempio la pagina della provincia autonoma di Trento. «Con questa pratica il plantigrado perde il timore nei confronti dell’uomo, associando anzi la presenza umana alla possibilità di reperire cibo in modo facile».

Ad aumentare il pericolo è il fatto che, in posti come il Trentino-Alto Adige, le popolazioni di orsi siano state reintrodotte soltanto di recente, dopo un periodo di estinzione dovuto alla caccia: in queste regioni spesso le pratiche di prevenzione e interazione con gli orsi sono andate perdute e le persone del posto (oltre che i turisti) non sono più abituate a condividere il paesaggio con un grosso animale onnivoro.

Secondo gli esperti, residenti e turisti che si addentrano nei boschi e in altre zone abitate dagli orsi bruni dovrebbero ricordare di restare sui sentieri; parlare a voce alta; tenere il proprio cane al guinzaglio; non avvicinarsi alla fauna selvatica, nemmeno per scattare una fotografia; non lasciare cibo a disposizione degli animali; restare fermi o allontanarsi lentamente in caso di incontro ravvicinato, e non colpire gli animali. In paesi in cui la popolazione di orsi è presente da anni, come il Canada, queste raccomandazioni sono contenute in centinaia di cartelli sparsi nelle zone più frequentate dagli orsi.

Parlando al Corriere del Trentino nel 2017, Andrea Mustoni, biologo responsabile dell’Area ricerca scientifica e divulgazione del Parco Adamello Brenta, spiegò che «posto che il rischio zero non esiste, è dimostrato a livello globale che più comunicazione si fa, e meno aggressioni ci sono».

L’ORSO?! By Federico Andreoli

Circa sette anni fa andai con mia moglie a Brooke Falls, nelle isole Aleutine, in Alaska. Andammo là perché avremmo potuto incontrare i grizzly nel loro ambiente naturale. Appena arrivati in questo minuscolo resort, in mezzo al nulla, circondato solo da foreste i ranger ci hanno spiegato come avremmo dovuto comportarci aggirandoci nei boschi. Ci hanno spiegato che gli orsi sono animali solitari e non amano l’incontro con l’uomo, per cui ci hanno regalato un campanello da legare alle caviglie per fare rumore e non arrivare in prossimità di un orso senza che lui ne accorgesse per tempo. Ci hanno anche spiegato che se si incontra un orso è meglio non correre mai e o di fingerci morti o di allargare le braccia, stando immobili, e urlare con voce cupa. Siamo stati per tre giorni a Brook Falls e abbiamo passeggiato noi due da soli nei boschi, incontrando decine e decine di orsi, alcuni a poche decine di metri, intenti alla pesca del salmone. Migliaia di persone frequentano ogni giorno questi “santuari degli orsi” sparsi in tutta America. Gli eventi mortali sono insignificanti se non nulli. L’introduzione degli orsi in Italia è stata un’operazione molto rischiosa e avvenuta senza comprendere la natura dell’habitat italiano e senza rendersi conto della mentalità italiana nei confronti dei pericoli insiti nella natura. In Italia ci sono animali potenzialmente pericolosi quali vipere,volpi, lupi e bisogna imparare a convivere con loro, non pensare di sterminarli. L’orso fa il mestiere di orso, l’uomo dovrebbe fare il suo che è quello di pensare e prevedere. Poi può anche succedere che la sfortuna si accanisca contro un individuo e che quest’ultimo perda la vita. Succede molte volte:gente che si aggira di notte su biciclette senza luci e senza giubbetti catarifrangenti, alpinisti che iniziano scalate senza assicurarsi della meteo, navigatori che si avventurano in mare senza avere padronanza assoluta del mezzo. Spesso tutto ciò porta a nefaste conseguenze. Addolora sapere che una persona è morta per un evento improvviso, ma fa parte dell’esistenza trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Invece di prendersela con gli orsi bisogna ricordareche l’orso (così come la montagna o come la bicicletta) non è il “colpevole”. Cosa vogliamo? Impedire alla gente di andare in bici o vietare le scalate agli alpinisti o distruggere la fauna selvatica? Se vogliamo (e dovremmo!) convivere con la natura dobbiamo imparare a conoscerla e a rispettarla. Un tempo i pastori si muovevano con le greggi in territori abitati dai lupi, ma portavano con sé due o tre grossi cani pastori per proteggersi. Qui in Italia sento molti contadini che si lamentano degli attacchi dei lupi. Magari vicino alle stalle non tengono però grossi cani da difesa ma solo piccoli cagnetti da compagnia o altri cani che tengono chiusi in gabbia per adoperarli nelle autunnali battute di caccia… Da lupi, orsi e vipere ci si può difendere, più difficile difendersi dalla superficialità e dall’ignoranza. La vita va affrontata senza isterismi purtroppo mettere in conto che qualcosa può andare storto. È così dalla notte dei tempi. Il mare grosso, le bufere di neve o gli orsi fanno il loro “mestiere”. Noi dovremmo imparare (o tornare a imparare) a fare il nostro che è quello di ragionare sugli eventi, sui tanti problemi e pericoli che ci circondano, su come risolverli e, soprattutto, su come prevenirli.

Jack Daniel

  · Il mondo naturale nel quale noi europei nati nel secolo scorso siamo vissuti e cresciuti è un mondo largamente artificiale e antropomorfizzato, reso innocuo e addomesticato da secoli, se non millenni, di trasformazione umana. Più che la natura, sembrava un gigantesco giardino rinascimentale, un parco nel quale gli architetti del verde (ma non si chiamavano così, allora) ricostruivano un ambiente che paresse naturale, ma non lo era, con siepi, alberi piantati ad arte, boschetti e padiglioni.

Era la quintessenza dell’homo faber, dell’uomo che si costruisce la natura come piace a lui, governandola e rendendola bella e, soprattutto, innocua.

Nati e cresciuti in quest’ambiente fintamente naturale, lo esaltiamo, lo consideriamo bello e gentile senza renderci conto che ciò che esaltiamo non è la natura in sé, ma quell’ambiente addomesticato a fabbricato a misura umana a nostro uso e consumo. La natura tanto gentile e innocua pare, per il semplice fatto che, qui, in Europa, non è naturale, ma umana.

La mappa sotto riporta la presenza di foreste primordiali in Europa. Vale a dire quelle foreste spontanee e naturali che non siano mai state toccate dalla mano dell’uomo. Vediamo che in Europa occidentale praticamente non esistono: qualche punto qua e là. Un po’ più presenti nell’Europa Orientale e del Nord, nei Carpazi, in Russia e Finlandia. Il nostro stesso arco alpino, nonostante sembri il contrario, è un prodotto umano. Secoli e secoli di interventi umani ne hanno plasmato la vegetazione e quello che a noi pare un bosco come natura l’ha fatto, in realtà è l’opera di generazioni di montanari che hanno creato radure, favorito la crescita degli alberi più appetibili e, in definitiva, l’hanno plasmato e coltivato. Del resto, prima dei romani la pianura padana era un’interminabile foresta e non ricordo quale storico antico scriveva che una scimmia poteva salire sugli alberi a Ostia e ridiscenderne solo a Marsiglia.

Se questo è avvenuto con gli alberi e la flora, a maggior ragione è successo con la fauna. La favola di Cappuccetto Rosso (nonché Pierino e il lupo) ci parla del lupo cattivo perché i Grimm sapevano benissimo che quella paura aveva presa sui bambini: era una paura reale, con tanto di lupo cattivo e cacciatore buono – al contrario di Bambi che, infatti viene dopo. E non solo favole dei secoli passati, basta leggere Vino e Pane di Silone, che è degli anni ’30 del ‘900. Generazioni di umani, insomma, hanno visto nella natura, e nel bosco, un luogo minaccioso abitato da esseri nient’affatto amichevoli e innocui, fossero reali, come i lupi, o immaginari come folletti, spiritelli, streghe cattive e demonietti vari, personificazione favolistica di pericoli reali. Altro che buona la Natura: era cosa da cui stare in guardia.

Anche, e in particolare, sulla fauna gli europei sono intervenuti nel corso dei secoli: un tempo il leone era in Grecia (Ercole e il leone di Nemea, ma non solo: il leone in Grecia si è estinto dopo Alessandro Magno https://tinyurl.com/26ee455k ) e secoli e millenni di cacciatori hanno ridotto, se non eliminato, la diffusione delle specie più minacciose, a partire da lupi e orsi. A protezione propria, ma soprattutto a protezione di mandrie e greggi.

Quando la nostra generazione è venuta al mondo, nella seconda metà del secolo passato, il processo di antropomorfizzazione dell’ambiente europeo aveva raggiunto il suo culmine. Spariti i grossi predatori, addomesticata la natura e resa in gran parte giardino o orto, ci si è resi conto che quel processo di costruzione era diventato distruttivo. Le generazioni nate urbanizzate nella seconda metà del XX secolo hanno quindi cominciato a contrapporre il cemento e i fumi delle città ad un’idea di Natura che, però, era completamente astratta in quanto la natura che ci siamo trovati a vivere era una natura addomesticata. La Natura che le nostre generazioni contrapponevano al cemento, insomma, non era la Natura, ma era quell’ambiente reso completamente innocuo da millenni di caccia. Attività che, proprio in quegli anni, raggiungeva peraltro il suo picco: nel 1980 i cacciatori in Italia erano 1,7 milioni, oggi sono meno di mezzo milione (https://tinyurl.com/47dt7yu2 ).

Sono nati quindi, nel finire del secolo scorso, i programmi di conservazione. Questi, in combinazione col crollo del numero di cacciatori, hanno portato ad un ripopolamento del nostro territorio, innanzitutto di prede (cinghiali in primis, ma ungulati in genere). L’aumento di prede (conigli), come ci insegnava il grande Volterra, comporta anche quello dei predatori (volpi). L’orso, in Trentino, l’abbiamo introdotto a bella posta, ma i lupi si sono moltiplicati spontaneamente e linci e sciacalli hanno rifatto la loro comparsa in Italia dopo l’estinzione provocata dalla caccia a fine ‘800.

Abituati ad un’idea di Natura ormai del tutto gentile e addomesticata, quindi, abbiamo salutato con gioia questi ritorni o queste immissioni, convinti che lupi e linci fossero, essendo naturali, gentili e addomesticati come immaginavamo fosse la natura tutta, visto che è quella che abbiamo conosciuto. Le cose, però, non sono così semplici e lineari.

L’aggressione dell’orso avvenuta in Trentino è un caso limite, che probabilmente, per quanto tragico, resterà isolato. Ma con l’aumentare dei lupi, aumentano i rischi per mandrie e greggi. Eliminati i predatori nel secolo scorso, due o tre generazioni di pastori si sono abituate a portare il bestiame al pascolo lasciandolo alle cure di un canetto pastore spesso alto un soldo di cacio ma bravissimo a radunare le mandrie e incolonnarle. Oggi si comincia a vedere la necessità di avere altri tipi di pastori, maremmani o simili, cani in grado di resistere e scacciare i lupi. Ma anche l’avere cani del genere richiede una gran cura, perché il rischio è che poi alcuni di questi, non sorvegliati, creino dei piccoli branchi che possano, a loro volta, creare pericoli, anche mortali, come successo un anno fa a Soverato (https://tinyurl.com/2hawb753 ). Per mezzo secolo non abbiamo avuto problemi, passeggiando in montagna, a lasciare liberi i cani o addentrarci nei boschi: l’unico rischio, a parte le cadute, che però possono anche avvenire sulle scale di casa, era di ficcare la mano in una pietraia o sterpaglia ed esser morsi da una vipera. Bastava essere attenti e non ficcare mani, cosa che veniva insegnata quando si era in fasce. Ma se in un bosco cominciano ad esserci lupi, orsi o anche solo mamma chinghiala con i cinghialini, non è più possibile perdersi arcadicamente come si faceva il secolo scorso: è necessario prestare cura e attenzione.

Stiamo, insomma, vivendo una contraddizione di ritorno. I nostri trisnonni (non i nonni, come detto) sapevano come muoversi in un ambiente popolato di animali potenzialmente pericolosi. Era un mondo che sentivano minaccioso, e i cui rischi venivano insegnati ai bambini (anche con favole come Cappuccetto rosso). Se potevano, non si astenevano certo dal cacciare predatori, grandi (linci, lupi) o piccoli (volpi), se non altro a salvaguardia di greggi e pollai. Terminata questa caccia capillare e distruttiva, hanno lasciato un ambiente estremamente più povero di fauna, ma del tutto innocuo (sempre vipere a parte). Noi siamo nati in questo ambiente povero ma gentile e, per ricrearne la ricchezza, abbiamo ridotto la caccia e favorito ripopolamenti. Questi sono avvenuti e gli animali che i trisnonni detestavano sono rientrati ma noi, oggi, questi animali non li sentiamo nemici, avendo vissuto in un ambiente che ne era privo, anzi, li amiamo alla follia. Un nostro trisnonno, a sentir parlare di diritti dei lupi, dopo che aveva visto un gregge massacrato, ci avrebbe preso a bastonate. Noi invece ne parliamo e ci illudiamo di vivere in un ambiente del tutto naturale, popolatissimo di orsi, linci, lupi e via predatorando, nel quale, però, si continui a passeggiare amabilmente col proprio cane, lasciando bambini in libertà e animali vivere placidi al pascolo senza occhiuta e dentata sorveglianza. Le cose non stanno insieme.

E che non stiano insieme lo dimostrano le polemiche che ciclicamente scoppiano quando si verifica un caso che abbia a protagonista un animale selvatico, che sia tragico, come in Trentino, o assai meno, come la moltiplicazione di cinghiali. Gli urbanizzati nati il secolo scorso, che tendono ad avere della natura un’idea tendenzialmente idilliaca, difendono l’animale selvatico e considerano coloro che vorrebbero eliminarli e cacciarli alla stregua di barbari disumani. Coloro che con questi animali hanno invece a che fare, tendono a sposare le visioni molto poco romantiche dei trisnonni e considerano gli urbanizzati nati il secolo scorso persone che la natura l’hanno vista al parco, se non in cartolina o in qualche documentario.

La tesi (trisnonno) si scontra con l’antitesi (noi). La sintesi è tutta da trovare, e si spera che le generazioni successive alla nostra lo sappiano fare, perché ho la sensazione che noi non ne siamo granché capaci.

da il Nuovo Trentino lunedì, 10 aprile 2023

Messner: «L’orso è pericoloso, gli animalisti sbagliano» 

Il caso. Il re degli Ottomila sposa la linea del rigore: «Plantigradi e lupi sono troppi. Vanno ridotti, perché la convivenza in un territorio così piccolo e antropizzato, sta diventando sempre più rischiosa»

BOLZANO. «Gli animalisti, in questi anni, hanno fatto di tutto e di più per difendere gli orsi, ma adesso – dopo la tragedia del Monte Peller – devono rendersi conto finalmente che gli orsi, come i lupi per altro, sono animali predatori e come tali rappresentano un pericolo per chi abita in montagna, per i turisti, per le greggi. E lo sono ancora di più in posti come il Trentino-Alto Adige dove la popolazione di questi due grandi carnivori è aumentata a dismisura. Io sto con il presidente della Provincia di Trento Maurizio Fugatti e con il suo predecessore Ugo Rossi che aveva già cercato di affrontare il problema: bisogna assolutamente ridurre i numeri». La posizione di Reinhold Messner, il re degli Ottomila, è netta: intervenire subito e in maniera drastica, dopo l’aggressione, di mercoledì pomeriggio in Val di Sole, costata la vita ad Andrea Papi, 26 anni di Caldes, uscito come tante altre volte per fare una corsa nei boschi.

Ma, a differenza delle altre volte, ha incontrato l’orso (in quella zona ce ne sono una ventina). Ha cercato di scappare, però il plantigrado è stato più veloce; a quel punto, ha provato disperatamente a difendersi con ciò che ha trovato, come dimostra il ramo insanguinato rivenuto sul posto. Tutto inutile.

Lei dice che bisogna intervenire subito, le norme però non lo consentono: i grandi predatori sono tutelati sia a livello nazionale che europeo.

Conosco bene la situazione, ma dopo quello che è successo, a Roma come Bruxelles vanno fissate regole chiare e le risposte devono arrivare in tempi brevi. I sindaci devono avere la possibilità di intervenire e devono poterlo fare prima che ci siano altri morti. Purtroppo, la tragedia del Monte Peller era prevedibile. Non si può aspettare che l’orso compia altri attacchi prima di agire, perché potrebbe essere troppo tardi. Il mio discorso vale per l’orso come per il lupo.

Mette sullo stesso piano i due grandi carnivori.

Sì, perché la convivenza con lupi e orsi su un territorio antropizzato e di piccole dimensioni com’è il nostro, non è più sostenibile. Soprattutto in considerazione del numero di esemplari. L’altro giorno, purtroppo, c’è scappato il morto; ma solo all’inizio di marzo, c’era stata un’altra aggressione, in Val di Rabbi. Se a questo aggiungiamo la macelleria di animali – pecore e capre soprattutto – che stanno facendo i lupi, ci rendiamo conto che la situazione è ormai fuori controllo. Bisogna, quantomeno, intervenire riducendo i numeri.

Quando parla di riduzione, intende piani di prelievo, ovvero abbattimento come per gli ungulati?

Ci possono essere molte possibilità per raggiungere l’obiettivo. Tra queste lo spostamento in altri siti oppure anche l’abbattimento. Quello che invece escluderei è di rinchiuderli in qualche recinto.

Negli anni Novanta, la Provincia di Trento ha investito parecchio nel progetto Life Ursus, per riportare l’orso in Brenta.

Il problema è che dalla coppia iniziale, oggi gli orsi in Trentino sono diventati oltre un centinaio. Troppi. Al punto che la convivenza con l’uomo si sta rivelando sempre più difficile.

Lei ha mai incontrato un orso?

Sì, in Tibet e in Siberia. Ma lì ci sono spazi enormi e questo li rende anche meno aggressivi.

Non ha avuto paura?

Quando te li trovi ad una ventina di metri di distanza, il cuore comincia a battere forte. L’orso è velocissimo e l’uomo rappresenta la preda. Se poi ci sono i piccoli, la pericolosità aumenta in maniera esponenziale. Fortunatamente sapevo come comportarmi. …

Due parole sugli Spray:

Per difendersi nella remota eventualità di un attacco o di un avvicinamento da parte di un orso, esiste un efficace strumento.

E’ il bear spray, un aerosol che contiene un deterrente sotto pressione a base di capsicina (peperoncino) capace, se spruzzato verso il muso dell’orso fino a una distanza di 8-9 metri, di fermarlo o di ridurne la portata dell’attacco.

Attualmente, in Italia, l’acquisto e l’uso del bear spray sono vietati e quelli in vendita per difesa personale non sono idonei. La Provincia autonoma di Trento si sta impegnando per far cambiare la legislazione vigente e rendere possibili il possesso e l’uso del bear spray dove il plantigrado è presente.

Ecco alcune regole che ti potranno essere comode e da seguire:

  • Non lasciare mai cibo o rifiuti organici a disposizione dell’orso
  • In caso di avvistamento a distanza, non avvicinarsi
  • Tenere i cani al guinzaglio
  • Comunicare eventuali segni di presenza chiamando il 335/7705966
  • Per le emergenze chiamare il numero 115

Questi ultime indicazioni sono basate sulle linee guida della Safety in Bear Country Society (John Hechtel, Stephen Herrero, Grant MacHutchon, Andy McMullen, Jane McMullen, Phil Timpany), validata da 38 dei maggiori esperti dell’argomento presso l’IBA (International Association for Bear Research and Management). Il testo è stato approvato anche dallo Human-Bear Conflicts Expert Team del Bear Specialist Group dell’IUCN/SSC.

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Per ulteriori informazioni puoi basarti anche sui siti web www.orso.provincia.tn.it, www.pnab.it e www.bearbiology.com.

Leggi anche il nostro post sulle buone Regole di comportamento per visitare i Parchi naturali e in particolare il nostro dell’Adamello Brenta!

Qui invece la nostra offerta dove ti faremo scoprire la perla delle Dolomiti di Brenta, il Lago di Tovel.


Una risposta a “Orso Trentino: conoscerlo per amarlo e conviverci!”

  1. […] Vieni a scoprire in realtà cosa facciamo noi per l’ambiente! Approfitta della nostra offerta: Alla scoperta del lago di Tovel e il Parco Naturale Adamello-Brenta il nostro parco di casa, culla della biodiversità e dei bellissimi ORSI del Trentino. […]

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